Sotto le stelle di Acieloaperto in connessione con Kae Tempest

di Gianmarco Ferrari e Beatrice Ricci
Ogni anno Acieloaperto vanta un luogo invidiabile. La sera la Rocca Malatestiana accoglie con tranquilla maestosità amanti della musica che non si danno per vinti nemmeno di fronte alle temperature torride di Agosto. Il palco è essenziale che più non si potrebbe. Un microfono centrale, loop station e tastiere retro laterali. Un telo nero come fondale con un albero che si staglia dall’oscurità. Kae Tempest è un artista essenziale e se si legge qualcosa scritto da lei lo si capisce. Poeta, scrittore, performer. Uno dei suoi libri (On connection) parla di come le connessioni umane possono salvare la vita e propone di rivoluzionare il nostro sistema sociale intriso di individualismo e soliloqui di successo. Sicuramente quell’albero non è stato posto a caso.
Non siamo in tanti, c’è un’atmosfera tranquilla e silenziosa. Tutti con il proprio bicchiere amico e birretta sulle labbra. Kae entra in maglietta e pantaloni neri. Attacca con tre pezzi amatissimi tra cui Salt coast. Lo stage è teatro del poeta di parole e musica e di sguardi. Siamo pochi e sembra guardarci uno a uno. Se uno ci pensa è incredibile quanto le parole portate con il corpo siano capaci di cambiarci, se accolte. Di questo parla Tempest. Delle nostre vite, dei cambiamenti che sfuggono alle leggi matematiche ed economiche. Sul palco sembra esserci il Myškin dostojevskiano e a tratti ne siamo follemente affascinati altri momenti sospettiamo in segreto che sia un po’ idiota con tutto questo amore profuso. VI lascio con un pezzo dell’ultima canzone, People faces.
 Even when I’m weak and I’m breaking 
I’ll stand weeping at the train station 
‘Cause I can see your faces 
There is so much peace to be found in people’s faces